Come e quando la parola resistenza ha preso a significare lotta contro l’oppressione nazifascista.

I linguisti ci dicono che la parola resistenza, quando sta a indicare “il movimento di opposizione e di lotta armata che si determinò durante la seconda guerra mondiale nei paesi occupati dai nazisti e dai fascisti, o comunque soggetti a regimi e governi filonazisti o filofascisti, contro gli occupanti e contro tutte le forze, politiche e militari, che collaboravano con essi” (vocabolario Treccani), è un calco francese, in particolare un calco semantico; vale a dire che la parola resistenza esisteva ben in italiano ma non aveva quel significato, e che lo ha assunto per derivazione dalla lingua francese.

Ma quando e perché i francesi, per parte loro, hanno attribuito quel significato alla loro “résistance”? Ce lo spiega Marc-Olivier Bherer in un articolo su Le Monde del 29 febbraio 2024. Tutto sembra che sia cominciato il 18 ottobre del 1685…

Quel triste giorno Luigi XIV firmò l’editto di Fontainebleau, che revocava l’editto di Nantes con cui Enrico IV aveva concesso la libertà di culto ai protestanti: in poche parole, Re Sole decise che i protestanti dovevano sparire dal territorio del suo regno, dove per l’appunto sappiamo che non tramontava mai il sole. Un disastro economico, sociale e umanitario.

Da questa parte delle Alpi i valdesi e dall’altra parte i ben più numerosi calvinisti ugonotti, si videro stretti tra la repressione, l’abiura e l’esilio: le comunità protestanti scomparvero tra uccisioni, carcerazioni, conversioni forzate e movimenti di emigrazione clandestina o imposta. Mentre quel che restava dei valdesi accettò un lasciapassare per la Svizzera e partì per l’esilio (che avrebbe presto innescato quel “Glorioso Rimpatrio” che è forse il principale mito fondatore valdese), in Francia quel che restava degli ugonotti dopo l’emigrazione clandestina di centinaia di migliaia se non milioni di loro, professava la sua fede in totale segretezza; ogni tanto qualcuno veniva scoperto e veniva mandato a riempire lugubri prigioni in attesa di una morte lenta.

E fu in una di queste prigioni, nella Torre di Costanza ad Aigues-Mortes, che nel 1866 venne rilevata una iscrizione su una pietra del pozzo, “résister”, resistere: nella originaria trascrizione occitana “régister”. Non era l’unico graffito che poteva attribuirsi ai prigionieri ugonotti, ne erano stati trovati di ben più complessi, vere e proprie professioni di fede e giuramenti di fedeltà, ma quella parola “résister” scolpita nella pietra andò subito ad alimentare la memoria collettiva della comunità protestante francese, tanto da essere attribuita a una giovane prigioniera, Marie Durand, cosa di cui ovviamente non v’è alcuna certezza.

“Quell’incisione è stata fatta in un contesto preciso” mette però in guardia lo storico Jean-Paul Chabrol. “Non si tratta di resistere a un potere politico, ma alla tentazione di abiurare.”

Perché la parola assuma una connotazione politica bisogna aspettare… un rampollo della famiglia Marx, non quella di Groucho e Harpo ma quella di Karl. Si deve infatti a un suo nipote, Jean Longuet, il merito di aver coniugato quel verbo “résister” in nuovo significato politico rivolto espressamente ai regimi fascisti e nazisti. In un discorso del 1938, tre mesi dopo l’annessione dell’Austria da parte di Hitler, Longuet ebbe a pronunciare queste testuali parole: “C’è un momento in cui, se non si vuole diventare schiavi, bisogna resistere”, come quella “ugonotta chiusa nella fortezza di Aigues-Mortes” che “aveva inciso sulla pietra questa sola parola: resistere!”

Due anni dopo, il 18 giugno del 1940, nel precipitare degli eventi, il generale De Gaulle proclamerà da Londra: “La fiamma della resistenza francese non deve spegnersi e non si spegnerà!” Il percorso è compiuto, la parola resistenza ha assunto il significato di lotta contro il nazismo, il fascismo e i suoi regimi fantoccio, la resistenza è diventata Resistenza.

L’8 settembre 1943, se proprio vogliamo trovare una data, la parola inizierà a declinarsi in italiano.

(immagine da https://www.voceevangelica.ch/voceevangelica/home/2018/09/Marie-Durand.html)