Il formarsi delle bande partigiane in Val Pellice, i dissidi tra le bande, qualche increscioso “incidente”, le requisizioni, comprese quelle “antipatiche” di biciclette quando “la bicicletta era la vita…” Un ritratto ordinario della Resistenza al di fuori di ogni mito e retorica.

Giulio Giordano, Gustavo Malan e Franco Pasquet raccontano…

Leggi il testo qui di seguito o vai all’opuscolo originale.

Estratto dal n° 6A della serie di 12 Quaderni multimediale sulla Resistenza – Scuola e Territorio
Ricerca triennale delle classi
a.s. 1997-’98: 1^ B/IGEA e 5^ B/PNI
a.s. 1998-’99: 1^ A/IGEA e 4^ A/Op.Tur.
a.s. 1999-2000: 2^ A/IGEA e 5^ A/Op.Tur.
dell’Istituto Tecnico Statale Commerciale e Professionale per il Turismo “L. B. ALBERTI” di Luserna S. G. e Torre Pellice
Coordinata dai Proff. Luigi Bianchi e Marisa Falco

http://www.portalebf.it/partig/quaderni/quaderni.htm

 

Luserna San Giovanni, 11 dicembre 1998

Malan
Perché gli italiani non vogliono parlare di queste cose? O perché non le hanno fatte… e si vergognano; o perché le hanno fatte… e se le vogliono dimenticare!
Perché era difficile, era triste, era faticoso: era meglio cancellare. Questo è un errore, perché, come dice un proverbio che voi sicuramente conoscete, ‘Chi non ha passato, non ha futuro’.
Chi non sa cosa è successo, non potrà neanche andare avanti, perché ripeterà gli stessi errori, come sta succedendo adesso nella politica in generale… Chi non sa gli errori, li ripete: questa potrebbe essere l’introduzione.
Vi ho portato dei libri… ce n’è uno, Il Pioniere, interessante, perché è la raccolta di articoli di un giornale partigiano diverso da tutti gli altri. I giornali dei partigiani, in generale, dicono: ‘Io ho fatto questo; io ho fatto quell’altro; io ho lottato per la libertà contro il fascismo’. Questo cercava di essere un giornale per tutti, che magari diceva anche ‘le patate costano di meno’ oppure qualche cosa di simile; cercava di essere un giornale della popolazione, dei partigiani e per tutti. E’ stato fatto nel 1944 e 1945, poi è morto naturalmente. Si chiama ‘Il Pioniere’, perché avevamo l’idea di essere dei pionieri. Io devo anche dirlo il motivo principale per cui si chiama così e, quando lo dico, tutti si arrabbiano, a cominciare da mio fratello (ndr. Roberto Malan), forse anche lui (ndr. Giulio Giordano)… perché ero innamorato di una ragazza americana! Questo non dovrei dirlo perché si arrabbiano tutti, ma è la verità.
Se avete letto i libri, sapete cos’è la storia della Resistenza più o meno. Ci sono stati vent’anni di fascismo.
Attenzione: il fascismo non è una cosa nuova: gli italiani erano fascisti e lo sono ancora adesso, ma non solo gli Italiani… In tutto il mondo ci sono fascisti e quando dico fascismo, intendo due cose diverse: fascismo è il movimento che va dal 1919 al 1943-’45; fascismo è una categoria per analizzare le cose…
L’umanità, ognuno di noi è fatto di tante cose e in tal senso siamo tutti carogne o tutti santi… Esistono due categorie: una dell’individuo responsabile, che vuole il bene dell’umanità … e quello può essere comunista,… non ho detto Partito Comunista; può essere liberale,… non ho detto Partito Liberale; può essere cristiano,… non ho detto Democrazia Cristiana… può anche degenerare…, ma di per sé il principio è buono. Il principio fascista non è buono.
La seconda categoria è questa: l’individuo egoista. Non lo dico io per calunnia, basta leggere il Mein Kampft di Hitler o alcune scritte sui muri, come ‘Roma doma’… Egoista per sé o per il suo gruppo o per la sua razza…
Queste sono le due categorie, all’interno delle quali, naturalmente c’è di tutto…C’è anche del comico, perché bisogna anche saper ridere… il fascismo è pieno di bugie, le bugie erano una cosa corrente.
C’è un racconto sulla vita di Mussolini che in uno stesso giorno aveva fatto in due diverse città un comizio: in una era di stampo repubblicano, nell’altra monarchico!
C’era della gente che era fascista in buona fede, altra stupida in politica che si era fatta prendere per il naso… Il fascismo nasce come un movimento ufficiale con la riunione fatta in una sala, in una Chiesa, San Sepolcro… Hanno fatto un proclama: era così bello! Troppo bello! Non si poteva non credere… Ma era una bugia! Oggi la gente non ci crede più, ma noi l’abbiamo vissuto: siamo più vecchi.
‘Ma si viveva bene!’. I fascisti sì, ma noi no!
Gli italiani erano fascisti? Erano antifascisti? Se ne fregavano e stavano con il più forte. Il vero guaio era che se i veri fascisti non erano numerosi, gli antifascisti erano ancora di meno!
I tedeschi erano molto più nazisti, ma anche molto di più antinazisti: decine di migliaia di tedeschi non ebrei uccisi nei campi di concentramento… Molti sono scappati in America ed hanno contribuito alla civiltà americana ed alla cultura americana… Tanto per fare un esempio Brecht… Attori, scienziati, medici…
Non torniamo ad essere sempre quelli che se ne fregano… Il fascismo ha avuto fortuna crescente fino al 1935-’36, quando ha fatto l’impero; tutti erano entusiasti dell’Impero, poi si sono accorti che non serviva a niente e poi c’è stata nel 1938 la persecuzione degli ebrei… Che gli Italiani avessero a cuore la sorte degli ebrei non è vero, perché ci sono state anche in Italia tante carogne… non avevano capito…
Poi c’è stata la guerra di Spagna, dove gli italiani antifascisti della Brigata Garibaldi hanno battuto i fascisti… si capisce che gli ebrei sono perseguitati… Mussolini si è messo con Hitler…ci si ricordava della prima guerra mondiale e non piaceva.
La gente non aveva voglia di fare la guerra: fra il 1940-’43, gli italiani sono stati i peggiori soldati nel mondo…Questo va a gloria dei soldati italiani: se uno non vuole fare la guerra, fa benissimo a non farla! Non c’è da vergognarsi di perdere…
Nel 1943 gli alleati sbarcano in Sicilia… Poi c’è il 25 luglio e poi l’8 Settembre… Quest’ultimo è per me uno dei giorni più belli della storia: è stato l’inizio del distacco… E’ per noi come il 14 luglio per i francesi, il 4 luglio per gli americani…E’ il momento della rivolta: i semplici partigiani di Luserna San Giovanni hanno incominciato a festeggiare…

Giordano
Gustavo vi ha fatto una breve lezione di storia… siamo venuti più con l’idea di dover rispondere alle vostre domande, che farvi un quadro generale… Mussolini è stato un personaggio camaleontico… da rosso, rosso, rosso, è diventato nero, nero, nero… Nel libro ‘I tre Mussolini’ c’è un interessante spaccato della vita nella Romagna del tempo
Per quanto riguarda la Resistenza in Val Pellice dopo l’8 Settembre… Collochiamo i gruppi così: uno al Bagnòou, uno alla Tarva della Sea, dove si trovava questo signore qui (ndr. Pasquet), uno a Bobbio, chiamato di Sarsenà… Uno fra i primi gruppi è stato quello dei Chabriols, detto il Ventuno, per il numero iniziale dei suoi componenti, gruppo compatto che non si è sfaldato ed ha costituito la Brigata Val Pellice sotto Renè Poet… e quello degli Ivert e la squadra di Martina a Luserna. Vicino al gruppo del Bagnòou (o Bagnau), costituito da elementi ‘indigeni’, c’erano due gruppi nella Val d’Angrogna, al Sap e ai Sabin, formati da elementi ‘esterni’.
Agli inizi, fino a metà novembre 1943, gli incontri avvenivano in Casa Malan, in via Wigram… per quelli che venivano da Torino i primi contatti erano al Caffè d’Italia, con la famosa ‘fogliettina’… l’Italia aveva un dehors dove c’erano piante sem- preverdi: quelli che arrivavano, strappavano una foglietta e la presentavano al bancone, alla famiglia Rostan, soprattutto a Reinette, la figlia, che era staffetta…
L’8 settembre, un gruppo di giovani a Torre e a San Giovanni da subito inizia la raccolta delle armi; l’alta Val Pellice si è organizzata con il gruppo di Bobbio e con il capitano Prearo, un ufficiale della Guardia di Frontiera, uno dei pochi rimasti.
Un altro capitano era Mario Rivoir, lo zio di Gustavo, che aveva organizzato il gruppo della Sea.
Il gruppo ‘intellettuale’ che muoveva le fila era costituito dai Malan, Lo Bue e Favout…
Arriviamo rapidamente alla formazione della colonna Val Pellice, costituita da squadre, da bande… Il primo attacco significativo è stato alla caserma di Bobbio, l’1 o 2 dicembre del 1943. C’è stato il primo morto della Val Pellice, Sergio Diena, morto sotto falso nome all’ospedale di Luserna. L’attacco è fallito perché era stato organizzato un po’ ‘alla sportiva’: qualcuno aveva reclamizzato troppo in Torre Pellice…
Nel mese di gennaio capitano due fatti significativi: uno è l’attentato ad un generale repubblichino della valle che era venuto a fare propaganda, l’altro fatto è stata la morte di Sergio Toja. In quei giorni una grossa parte della formazione della Val Pellice è andata ad occupare la Val Germanasca e lì si è insediata; c’è stato il secondo attacco, riuscito, alla caserma di Bobbio, seguito dalla prima grossa rappresaglia in valle.
A Torre, nella zona dell’inverso, hanno incendiato una ventina di case e ucciso 7 o 8 civili: il più giovane aveva 16 anni, il più vecchio ne aveva 80. Il grosso rastrellamento del marzo ’44 ha colpito tutte le valli: sbandamento, numerosi i prigionieri trasportati nella caserma di Luserna, molti sono stati deportati in Germania e altri fucilati in varie zone del Piemonte. Alcuni giorni prima del rastrellamento, c’è stata la cattura di Jervis vicino al ponte di Bibiana.
Ad aprile-maggio, c’è stata la ricostituzione delle bande a causa della chiamata alle armi dell’ultimo scaglione del ’25-’26… un boom, un’ affluenza di giovani che avevano deciso di salire in montagna: si sono formate la colonna Val Pellice e Val Germanasca.
Altro grosso rastrellamento nel mese di agosto: se la Val Germanasca ha tenuto, la Val Pellice si è sbandata e siamo andati a finire in Francia, da dove, alcuni giorni dopo, siamo rientrati, non molto applauditi dai francesi… e lo si poteva capire!
In una importante riunione del 15 agosto 1944, ci sono state sostituzioni nei comandi: si sono formate due brigate, la Brigata Val Pellice e la Val Germanasca, affiancate dall’Intendenza, che operava in pianura già da tempo, sotto il controllo di Dino Buffa, poi morto a Vigone, nel gennaio del 1945.
Perché l’Intendenza era importante? Perchè ad un certo momento la Val Pellice è stata bloccata e non arrivavano più viveri: per Val Pellice intendo dalla zona di Santa Margherita in su. Nei comuni di Villar e di Bobbio non arrivavano più viveri, perciò bisognava fare ricorso ad una lunghissima corvèe di muli che partiva da Bobbio e arrivava al Montoso, dove affluivano i viveri dalla pianura ad opera dell’Intendenza di Dino Buffa, che forniva cereali da distribuire alla popolazione.
Dopo il mese di agosto si è iniziata la ‘pianurizzazione’, cioè l’invio in pianura di gruppi non numerosi, formati da 4-8 elementi, che venivano dislocati nelle varie cascine.
A novembre, la pianurizzazione si è estesa nell’Astigiano: una parte dei gruppi della Val Pellice si è portata nell’Astigiano dove ha formato una nuova formazione, il Gruppo Mobile Operativo (GMO), e questo fino alla fine, alla Liberazione.
Torre Pellice ha avuto importanza anche per la stampa clandestina, in modo particolare del Partito d’Azione, e la stampa clandestina partigiana presso la Tipografia Alpina di fronte alla Caserma Ribet e all’attuale Foresteria valdese, proprio di fronte al presidio della Milizia…
Da non trascurare sono poi le missioni alleate: alcune un poco ‘alla buona’, che giocavano sportivamente e pericolosamente. La prima missione, che è piovuta dal cielo a marzo ’44, è stata una missione molto solida, che ha avuto riflessi anche sulla formazione della Val Pellice: i componenti erano tre: De Leva, Renato Vanzetti e Squillace.
Il De Leva è andato a Torino; Renato Vanzetti ha seguito lo stesso percorso di De Leva, ma poi ha assunto il comando della formazione che è andata nell’Astigiano ed ha costituito il Gruppo Mobile Operativo.
Finirei qui, per dare spazio alle vostre domande. La mia è stata un’esposizione molto veloce, direi ‘alla garibaldina’, in un certo senso.

Domanda
Quali erano i vostri rapporti con le formazioni garibaldine ‘oltre il ponte’ (di Pontevecchio)?

Giordano
Quello del vallone di Rorà è un fatto un po’ ‘estraneo’, nel senso che la formazione Val Pellice-Val Germanasca era una formazione di GL; mentre la formazione del vallone di Rorà era garibaldina.
I garibaldini, che hanno avuto il centro iniziale a Barge, in contemporanea con noi – 8-12 settembre ’43 – hanno subito un grosso rastrellamento a fine dicembre 1943 e sono ‘straripati’, si sono rifugiati in Val Pellice con l’accordo che sarebbero rimasti il tempo necessario per riorganizzarsi e poi sarebbero ritornati nella loro zona d’influenza. Per molteplici motivi, questo non è avvenuto.
E’ un fatto un po’ atipico, perché tutta la valle ha avuto quasi una spaccatura: di qua tutte formazioni GL; di là tutte formazioni Garibaldi. I rapporti tra formazioni GL e formazioni Garibaldi non è che siano stati tutti veramente idilliaci: ci sono stati dei grossi contrasti che poi, a livello di comando, si sono attenuati… Anche se poi le varie formazioni si sono raggruppate in un unico organismo che è il Corpo Volontari della Libertà.

Malan
Solo una spiegazione per la fine, che non ha detto… Perché sono scesi in pianura a fare la pianurizzazione?
Perché dopo lo sbarco alleato in Provenza, il fronte è passato qua. Quindi sul fronte delle Alpi non si poteva combattere come prima. Di là gli americani e gli inglesi, di qui i tedeschi, gli alpini tedeschi fino al Pra e non si poteva più fare nulla. Allora si è andati in pianura.
La Rochat parla soprattutto fino all’estate del ’44, perché è il periodo più interessante della Resistenza.
All’inizio in Italia c’erano pochi partigiani e noi siamo stati i primi. Anche i giornali partigiani di allora parlavano molto di noi. Dopo ce n’erano dappertutto…

Giordano
Con l’estate ’44, primi autunno, c’è veramente un cambio di organizzazione nella Resistenza: prima c’era l’occupazione delle Valli Germanasca e Pellice e Italia Libera…
Con agosto-settembre, la formazione di nuclei più piccoli, perché con la guerra partigiana non si possono occupare per lungo tempo territori troppo vasti… Questo vale in modo particolare per la Val Pellice, che è indifendibile, se non da Villanova in su.
Nell’agosto ’44, noi abbiamo fatto la figura dei ‘balengu’, lo dico chiaramente.

Malan
Non sono d’accordo. Prearo era una bella figura, come tutti i comandanti. Pensava che facendo la resistenza in zona avremmo fatto bella figura con gli alleati, ma gli alleati non sono arrivati allora…

Giordano
Ma si doveva e poteva fare di più. E’ stata una grande illusione dell’estate del ’44 (luglio-agosto), la convinzione di tutti, non solo dei ‘partigianelli’, ma anche dei responsabili che con l’autunno la guerra sarebbe finita. Ma c’è stato ancora tutto un inverno…

Malan
Permetti ancora… Non so se avete sentito parlare dei maquisard francesi. Anche loro si aspettavano gli alleati, ma non è accaduto… Ci aspettavamo i paracadutisti… mai venuti! E’ logico facevano la guerra a modo loro, come a loro conveniva.

Giordano
Ma poi è arrivato Phillip Weirs! Era un australiano, partito volontario, all’età di 17 anni… Si è arruolato; è venuto a combattere contro i tedeschi e gli Italiani; è stato fatto prigioniero a Tobruk in Africa nel 1941. Finito in campo di concentramento e trasportato in Italia nel ’43, era uno dei tanti che lavoravano nelle risaie del vercellese… L’8 settembre del ’43, è finito in Val Germanasca, non so come…

Malan
E’ Lo Bue che lo ha portato.

Giordano
Nell’agosto del ’44 ha superato il colle della Croce ed ha raggiunto i suoi.

Domanda
Non vi siete mai pentiti della vostra scelta?

Pasquet
Ci sono stati dei momenti difficili, però, anche con la paura addosso, perché… avevo paura, non mi sono mai pentito di aver fatto quella scelta. Mai. Anzi mi ricordo che quando sono stato fatto prigioniero ed ero a Casa Littoria, avevo una paura boia… che mi ammazzassero… eppure… Continuavo a ridere in faccia a loro per far credere che non avevo paura.
Ecco… Non volevo dare loro la soddisfazione di vedermi con la paura addosso.

Giordano
Concordo con quanto dice Franco. Chi vi dice che non ha mai avuto paura, vi dice una ‘balla’! O è un bugiardo o un incosciente. Non puoi non aver avuto dei momenti di paura.
La scelta… Tenete conto che a vent’anni le cose si vedono molto diversamente, rispetto a quanto le vediamo oggi. Oggi di anni ne abbiam0 un po’ di più.
Poi c’era quella spinta che diceva lui… Per cui, lo dovevi fare, era giusto che tu lo facessi… Capiti quello che capiti!
Finisci che non vivi sempre con la paura… Forse perché hai vent’anni, ma si sono passati anche dei momenti simpatici. Fra di noi si facevano degli scherzi… Al povero Gustavo, quando facevamo il Pioniere, gliene abbiamo combinati diversi di scherzetti…

Malan
Sono tutte ‘balle’!

Giordano
No, No… Quello del vermouth (che in realtà era brodo di dado…) non è una balla! Era una vita dura, tutto quello che volete, però… Lo facevi perché avevi scelto di farlo. La paura c’era. E’ proprio perché hai paura che sai che lo devi fare comunque.

Domanda
Ci sono stati episodi curiosi o divertenti che vi hanno coinvolto?

Pasquet
Un episodio divertente?

Giordano
Non è che gli episodi divertenti abbiano tanta rilevanza ai fini storici! Comunque… Una volta mi hanno fatto trasportare dello zucchero e ad un certo momento ci siamo nascosti e ne abbiamo mangiato come dei maiali… Avevamo vent’anni, non eravamo più dei bimbetti, però…
Dovete tenere presente che i libri danno una media dei partigiani su un’età di 25-26 anni… Secondo me la nostra età media era inferiore… sui 22-23 anni al massimo.
Perché? La spiegazione è logica: quelli delle classi dal ’18 al ’24 erano militari e in massima parte fuori dei confini dell’Italia… quindi sono stati fatti prigionieri.
Per noi due (ndr. Giordano e Pasquet), quelli del ’20 erano già vecchi ed avevano indubbiamente una certa esperienza di guerra che noi non ci sognavamo neppure.
Avremmo dovuto imparare dalla A alla Z. Gente invece che era stata in Grecia, in Jugoslavia, nei Balcani e qualcuno, pochissimi, in Russia… Allora chiaro che quelli avevano tutta un’altra esperienza di lotta e di guerra rispetto a noi!
L’età nostra era giovane ed ha inciso su certe scelte. C’era anche una canzone… Avevamo vent’anni… cioè come nella canzone successiva, ‘Oltre il ponte’.

Malan
Credo che almeno un terzo avesse 18 anni e c’è anche un altro motivo: la generazione precedente era stata ‘infettata’ dal fascismo; quelli che avevano 18 anni, arrivati dopo…

Giordano
Una parte dei ragazzi del ’17-’19, che avevano già fatto anni di guerra, all’8 settembre ’43, una parte non se l’è più sentita di tornare a fare la guerra e si è, diciamo, ‘imboscata’, nascosta in casa, come ha potuto. Non tutti gli ‘sbandati’ dell’8 settembre sono saliti in montagna; mentre bisogna dire che la loro esperienza sarebbe stata utile. Ma non se la sono più sentita, non ce l’hanno più fatta. Avevano troppi anni di ‘naja’. Una parte minima finchè volete, ma c’è stato anche quel fenomeno.

Malan
Non tanto ‘minima’, direi.

Domanda
Quelli che sono stati nei campi di concentramento, li potete considerare appartenenti alla Resistenza?

Malan
Se gli internati sono come i partigiani?

Giordano
Dobbiamo dividerli in due categorie: ci sono i deportati, i politici, i partigiani, gli ebrei, quelli che rastrellavano per le strade…
Gli internati sono i militari che l’8 settembre sono stati fatti prigionieri e, grazie a Mussolini, non sono rientrati in Italia, perché per lui erano ‘merce’, che andava bene come scambio; non erano considerati prigionieri di guerra ed hanno inventato quella classificazione di IMI (Internati Militari Italiani), che per un lungo periodo erano anche fuori di quella tutela, anche se attenuata, della Croce Rossa Italiana. Si sono trovati in certi periodi completamente abbandonati.
C’è poi una parte minima che è rientrata ed è stata arruolata nelle SS italiane, nella Monte Rosa e nelle formazioni repubblichine. Qualcuno, non appena rientrato, ha disertato: abbiamo avuto dei comandanti partigiani, che hanno avuto grandi responsabilità, che sono rientrati come SS italiane. Prima di tutti Bruno Vaglio, che ha sostituito Dino Buffa… Il maresciallo Bosio… Tanto per fare due nomi. Tutta gente che come è rientrata ha ‘tagliato la corda’. Altri purtroppo non l’hanno fatto ed è finita come è finita.
C’è proprio questa divisione che, purtroppo, nel ’45 ha portato a degli scontri; direi dell’acredine, ma comunque… una grossa spaccatura…

Malan
Gelosie!

Giordano
Così, ‘due compartimenti stagni’, forse più che spaccatura… Forse due mondi diversi.
Gli internati avevano molte volte il ‘dentino avvelenato’; l’accusa grossa era quella: ‘Noi eravamo in Germania a patire la fame, mentre voi stavate qui a mangiare!’… A parte il fatto che la fame un po’ l’abbiamo patita anche noi, ho detto una volta: ‘Ma sei uno stupido! Non potevo mica prendere una cotoletta e mandartela per raccomandata!’ La battuta della cotoletta può anche essere sciocca, ma in realtà era così.
C’è voluto molto tempo, perché gli internati riuscissero a capire cosa è stata la resistenza. Non tanti anni fa c’era ancora la sensazione di una certa incomprensione… non dico proprio scontri…
In valle per fortuna la cosa è stata un poco attenuata dall’atteggiamento di Cotta, l’avvocato Cotta Morandini, che aveva ed ha ascendente sugli internati; sulle amicizie di Favout… di Roberto Malan… In qualche località ci sono stati dei grossi, grossi, grossi scontri… in qualche posto, forse, anche fisici…
Nella ‘piola’, quando all’una o due dopo mezzanotte, ci sono un po’ i ‘calori’… gli schiaffi magari volavano, perché era tutto un mondo che in qualche maniera la violenza l’aveva subita, qualche violenza l’aveva fatta e rimaneva ‘caricato’.
Purtroppo questo si è verificato, anche se se ne parla abbastanza poco sui libri.
Per quel che riguarda i deportati, il discorso era un altro: in realtà erano dei partigiani o gente che aveva aiutato o aderito alla Resistenza.
Questo è un altro aspetto del dopoguerra.

Domanda
Operavate anche nelle zone dell’Alta Val Luserna?

Pasquet
Noi no, perché a Rorà, a Barge e a Bagnolo operavano i garibaldini. Noi personalmente non ci siamo mai andati.

Giordano
E’ vero, anche se una squadra, quella degli Ivert, ha operato a Rorà fino al febbraio 1944 e poi Modena.

Domanda
Cos’era e come operava l’Intendenza?

Giordano
Dell’Intendenza posso parlare a ‘grandi linee’… Operava nella zona di Campiglione e forniva i viveri a noi e alla popolazione.
Come operava? Con le requisizioni e con le puntate nei grandi silos a caricare il contingente che era stato dato all’ammasso.
Come avveniva? Quando le autorità repubblichine e le autorità civili davano l’ordine ai contadini di consegnare all’ammasso il bestiame o il grano o altri prodotti, cosa facevano i partigiani?
Molte volte non li lasciavano neanche portare: requisivano prima, rilasciando dei buoni di prelevamento che erano la prova che il contadino non era più in possesso dell’animale che doveva consegnare, perché gli era stato requisito; erano un riconoscimento per il futuro risarcimento da parte dello Stato.
Una parte dei prodotti requisiti era pagata direttamente dalle formazioni.
Ritornando ad un discorso politico-amministrativo, al fianco della resistenza armata c’erano la mente politica e il quadro amministrativo. La mente politica era il CLN; mentre la mente amministrativa erano le giunte clandestine. In Val Pellice le giunte clandestine si sono formate abbastanza presto e la prima credo sia stata quella di Luserna.
Nell’estate ’44, la giunta di Torre Pellice è stata costituita ufficialmente, perché prima c’è stato un lavorio non ufficiale, un certo ‘rodaggio’… E’ stata costituita in casa Sibille, qua di fronte in Viale Dante,: esiste il verbale di costituzione negli archivi del Comune di Torre Pellice.
Cosa facevano queste giunte comunali? Sostanzialmente si occupavano dei problemi amministrativi del comune, al cui capo era il podestà o commissario prefettizio, ovviamente di nomina repubblichina.
Come si comportavano i commissari prefettizi? Se erano veramente fascisti, si comportavano come tali… con le logiche conseguenze. I più erano ‘possibilisti’, quindi ad un certo momento ‘fiancheggiavano’ la giunta clandestina, che decideva, mentre il Commissario attuava. Formalmente sembrava lui ad aver preso queste decisioni, mentre erano opera dell’organismo.
Si è arrivati, e compare sul Pioniere, ad un ordine, una disposizione del comando della V^ Divisione Alpina GL Sergio Toja, una disposizione di ‘calmierazione’ o fissazione dei prezzi.
C’era la resistenza armata, ma c’era tutta questa resistenza politico-amministrativa da preparare per il dopo.
Le requisizioni avvenivano in questo modo: una squadra piombava dove c’era l’ammasso di bestiame o di grano con dei camion; requisiva… qualche volta c’erano anche delle sparatorie… oppure requisiva prima in cambio di buoni, che in sostanza erano come ‘cambiali’, il riconoscimento di un debito, anche se in parte erano pagate dalla formazione.
Chiaro che, essendo in pianura, ho avuto dei contatti con l’Intendenza, ma non ne ho mai fatto parte.
La requisizione avveniva poi anche con il rilascio di tessere annonarie. Forse parliamo con un linguaggio lontano da voi: sentir parlare di tessere annonarie, requisizioni, ammasso, di questa roba qui…
Nel periodo di guerra c’erano tessere annonarie che davano diritto a tot grammi di zucchero, a tot chili di grano, a tot paia di scarpe, a tot legname… Ed era obbligatorio da parte dei contadini il conferimento dei prodotti a questi silos, ad un’organizzazione che si chiamava…non ricordo.
L’Intendenza viveva in quel modo lì. Le requisizioni da parte dei partigiani sono incominciate nell’ottobre del ’43, non più tardi. Anche a settembre, perché oltre alle armi, nelle caserme si era portato via anche il vettovagliamento. Questi cibi sono finiti e si è quindi dovuto in qualche modo alimentare gli uomini che erano in montagna.
In una zona povera com’è la montagna non potevi pretendere dal contadino che ti desse lui i prodotti, quindi li prendevi in pianura. Era un compito alquanto delicato e, magari, anche un poco antipatico, perché a toccare la gente nell’interesse…
Ha portato un danno alla resistenza una requisizione fatta male di un animale da parte di un partigiano ‘balengu’, il quale, invece di adoperare un po’ di ‘savoir faire’, diceva: ‘Ne ho bisogno, te la prendo e la porto via’. Magari ha portato più danno quello che non altre azioni più cruente, che però erano giustificate dalla guerra.
Ecco, lui (ndr. Pasquet) ha fatto parte per un certo periodo dell’Intendenza, di una squadra di Torre Pellice a comando di Renato Peyrot.

Pasquet
Qui a Torre ci sistemavamo giù nella casa dove c’è il deposito della Ersit. Lì abitava Renato Peyrot e lì avevamo la base. La merce arrivava dalla pianura con carri e con i cavalli e il deposito più grande era giù per via XX Settembre, dove adesso ci sono i condomini. Lì c’era un conducente che era anche partigiano, Remo Davit. Una buona parte della merce la depositavamo lì; un’altra parte la depositavamo alla Ciapera; per quanto riguarda il tabacco, quella roba lì… la lasciavamo dai tabaccai e, a misura in cui occorreva, andavamo a ritirarla.
Poi le varie squadre mandavano le loro richieste di merce e venivano a ritirarsela: uno magari ritirava la mortadella, un altro un pezzo di formaggio, un altro della farina…
Per quanto riguarda la farina, bisogna dire che una grossa parte la depositavamo presso la Cooperativa, dove adesso c’è lui (n.d.r. Giordano), la Cooperativa Operaia. C’era una certa signora Cantamessa che gestiva… La depositavamo e quando ce n’era bisogno andavano a prendersela o ritiravano il pane: era una cosa fatta alla buona. Non era proprio tutto… Però si riusciva a distribuire questa roba in modo abbastanza equo.
Non è che ci siano stati grossi reclami… tutte le squadre erano abbastanza soddisfatte, anche se tutti avrebbero voluto un di più, che però non c’era.

Giordano
Un’altra requisizione antipatica era quella delle biciclette. La bicicletta allora era il ‘non plus ultra’…
Quando sono andato a finire in pianura… è un fatto personale, però… per andare in pianura dovevo avere una bicicletta e su ad Angrogna, dove facevamo il Pioniere, non c’erano biciclette.
Siamo capitati io e Medino (Modonese) a Bricherasio. Lì la squadra di Bricherasio ci ha detto di andare a prendere la bici a ‘quello’ e a ‘quello’: siamo andati a prendere la bici a ‘quello’ e a ‘quello’, che io naturalmente non avevo mai visto, né conosciuto. Medino non so a chi diavolo l’avesse requisita, io l’ho requisita ad un certo Caneparo, che era il direttore della Cassa di Risparmio. Ho preso la bici e gli ho dato il buono, poi me ne sono andato.
A guerra finita, nel ’48-’49, un giorno scendo dal treno e … lo avevo già visto due o tre volte quello lì: uscivamo insieme dalla stazione e ‘spintonava’… Un giorno, scendo dal treno e quello aveva le ‘barche’ più in giostra del solito, non ha detto né ‘hai’, né ‘bai’: scendo e mi sono arrivati due schiaffoni e… buonanotte!
Questo Caneparo era notoriamente fascista: per una bici… oltretutto non era un ‘povero cristo’, ma direttore di banca!
La requisizione di biciclette portava sempre più lamentele e contrasti: qualche volta fermavi uno che aveva un biglietto del comando che lo autorizzava a circolare in bicicletta, questo per evitare di requisire biciclette alle staffette… La bicicletta era essenziale in pianura: non potevi muoverti senza. Camion e motociclette servivano per le azioni: le macchine non c’erano… La bicicletta era la vita; senza bicicletta le squadre in pianura erano finite. Come potevi procurarti la bicicletta? Requisendola a chi l’aveva.
La requisizione non riguardava solo gli alimentari, ma anche il vestiario. Poi capitavano cose stranissime: abbiamo una volta requisito un camion di uova… non c’erano che uova…
Una volta, lo trovate sul Pioniere, siamo andati a svaligiare la cantina di una villa dove abbiamo trovato tante bottiglie: ne abbiamo mandate in valle, ma siamo venuti via da quella cantina con le ‘scarpe piuttosto rotonde’… Questa villa, Carpineto, era alla Loggia, vicino a Moncalieri: questa requisizione aveva suscitato le ire di un giornale repubblichino, mi pare La Gazzetta del Popolo, al quale abbiamo risposto sul Pioniere con articoli un po’ ‘sfottò’…
La stampa del Pioniere avveniva in ciclostilato alla Barma. Partivamo in tre o quattro: due a Pramollo, due in Val Pellice a portare i giornali… Siamo anche andati a Pian Pra, dai garibaldini… Fra i partigiani qualcuno leggeva, molti leggevano poco… All’inizio se ne fregavano, poi alla fine il giornale, seppur non richiesto, era ben accolto.
Tutto lo smercio di questo materiale stampato era estremamente pericoloso e difficile, perché trasportare una copia di giornale non è niente, ma mille copie o mille libretti…
Ricordo che erano arrivati circa mille Quaderni di Giustizia e Libertà: li avevamo nascosti nelle cascine ed era un problema il trasporto che avveniva grazie a questi ausiliari con i carri, magari nascosti sotto la paglia o il fogliame…

Domanda
Quali erano i rapporti tra i gruppi di valle e l’esterno?

Malan
Eravamo molto autonomi, però dipendevamo da Torino. Quando è nato il nuovo antifascismo nel ’38, uscito poi alla luce nel ’42… Chi lo ha portato qui in valle?
Il collegamento è stato stabilito da Mario Rollier di Milano. Abbiamo avuto i primi contatti politici non con Torino, non con Pinerolo, che poi non contava, ma con Milano.
Successivamente, il collegamento è passato a Giorgio Agosti, un giudice di Torino, il primo Comissario Politico di qui, mentre il primo Comandante è stato mio fratello Roberto.
A Torino c’era il CLN del Piemonte, nel quale erano confluiti tutti i partiti: c’erano i Comunisti, c’erano i Socialisti, gli Azionisti, i Democristiani e i Liberali e, in certi posti, anche i Democratici del Lavoro. Tutti insieme costituivano il CLN.
A Torino c’erano tre persone importanti, almeno per quello che conosco io come Partito d’Azione: uno era Andreis di Cuneo, il capo politico; uno era Agosti, un giudice, che era il capo organizzativo autentico dei partigiani; uno era Franco Venturi, responsabile per la stampa in generale e, se si vuole anche responsabile ‘ideologico’.
I partigiani avevano la loro ideologia. Certo che l’avevano, perché saremmo altrimenti stati come il nemico. Avevamo un complesso di idee… erano in tre perché così potevano controllare da Torino, ma eravamo autonomi. Il potere non poteva obbligarci: se non avessimo voluto obbedire, non l’avremmo fatto. Però occorreva qualcuno per coordinarci.

Giordano
Ad un certo momento, proprio per regolarizzare contrasti, malintesi… ci sono stati svariati incontri tra i responsabili delle formazioni che operavano in zona, per cui si è arrivati a delimitare le zone di influenza che hanno ricalcato quello che era uno stato di fatto.
Nelle valli era più facile delimitare le zone, non così in pianura. In modo particolare per ciò che riguardava la ‘benedetta’ Intendenza. Finchè si trattava di delimitare le zone – ‘Tu in quel vallone non devi mettere nessuna squadra’ – poteva ancora andare, ma quando – ‘Tu non devi venire a Pancalieri, tu non devi venire a None…’- era più difficile. Allora si è arrivati a delimitare le zone.
I rapporti con le altre formazioni a volte comportavano dei contrasti, perché, di fatto, la Resistenza non è un ‘blocco monolitico’.
C’erano tre filoni: è scritto, è detto… è poi la verità.
C’era il grosso filone ‘militare’, identificatosi negli autonomi detti ‘Badogliani’, anche se poi non tutti erano monarchici, presenti in Val Chisone e nelle Langhe; c’erano poi le formazioni garibaldine, sotto la stretta influenza o controllo del Partito Comunista Italiano; c’erano, infine, le formazioni Giustizia e Libertà, che erano sotto l’influenza, ma non sotto il controllo politico, del Partito d’Azione. La differenza più grande rispetto ai garibaldini consisteva nel fatto che loro erano sotto il controllo politico del partito.

Malan
Direi disciplina…

Giordano
Questo comportava, qualche scontro e delle diversità: si doveva riflettere della politica del dopo Liberazione.
Purtroppo c’erano anche degli sbandati: in pianura ho avuto grosse grane, grosse difficoltà con una squadra di garibaldini che provenivano dalla zona Castagnole-None e dalla Bassa Val di Susa. Erano garibaldini, ma sbandati: è dovuto intervenire il livello provinciale, perché questa squadra aveva sconfinato in una zona d’influenza della Val Pellice.
Succedeva un po’ dappertutto: non esasperato come in certe zone, ma c’era diversità di vedute anche sul come condurre la guerra di Liberazione. Per fortuna non sono sfociate in guerriglia tra noi resistenti…

Malan
Non è successo forse proprio per la genialità di Parri, che è riuscito a tenere tutti insieme, a mettere il buon senso dappertutto…

Giordano
C’è stato qualche scontro, è scappato anche qualche morto…

Malan
Ma questo era un problema anche tra di noi… Una volta una pallottola mi è passata accanto… ‘Oh, scusa! Ho sbagliato!’…

Giordano
C’è un incidente infelice che preferiamo sentiate raccontato da noi, anche perché c’è un testimone, Pasquet, che ve lo può chiarire… Può capitarvi di leggerlo da qualche parte e preferiamo dirvi la nostra versione, perché non sappiamo cosa altri vi possono dire…

Pasquet
Il fatto della Vittoria, in cui c’è stata una sparatoria…

Giordano
Sapete cos’è? Era un’osteria, proprio dove c’è la deviazione dopo l’Ospedale Valdese. Lì c’era un posto di blocco dei partigiani della Val Pellice…

Pasquet
Lì ci si ritrovava. Era una ‘piola’. Ci si ritrovava quelli del gruppo di Prearo e del Ventuno e quelli della Sea.
Su alla Sea c’erano stati dei malumori… dovessi dirvi l’esatto perché ci fossero malumori tra il comandante, che era Mario Rivoir, ed un certo Gigi… non so. Forse per idee politiche o per una diversa concezione di condurre la squadra…
Comunque, ad un certo punto, questo Gigi ha preso il comando di un gruppetto su della Sea con relative armi e … tutto. Al che, noi che eravamo i più anziani del gruppo abbiamo detto: ‘Un momento! Le armi le abbiamo procurate quasi tutte noi che eravamo già qui. Le armi le lasciate lì e andate a procurarvene dove ce le siamo procurate noi!’… Niente da fare: non le hanno restituite.
Mario Rivoir, forse spinto da Dassano, che era giovane, del ’23, quindi aveva vent’anni… una testa calda… Comunque, forse spinto da lui, Rivoir dice: ‘Andiamo giù a riprenderci le armi. Gigi e gli altri sono giù alla Vittoria e noi andiamo a riprendercele…’. Parte una squadra per il recupero.
Io ero rimasto alla Tarva; dopo pochi minuti arriva un gruppetto di Gigi… Ci hanno messi al muro e hanno preso anche le poche armi che c’erano ancora. Ci hanno lasciato solo quelle che avevamo addosso… Io avevo il mio moschetto… Ci hanno portato via tutto il resto. Sono partito di corsa per raggiungere Mario Rivoir e gli altri per informarli che ci avevano preso il mitragliatore e tutte le armi che avevamo ancora alla Tarva… Li ho raggiunti ai Servera, sopra i Coppieri… Mi sono unito a loro e siamo scesi alla Vittoria.
Arrivati lì, non so come sia andata… Dassano ha incominciato a sparare per aria per intimorire quelli che erano lì fuori… Ha sparato in aria, di questo sono sicuro, perché l’ho visto. Ha sparato in aria e poi sull’insegna… C’era una grossa insegna, ‘Trattoria della Vittoria’, e ha forato l’insegna… Aveva un mitra Beretta. Viene fuori Gigi, che aveva un Mauser e, senza dire né ‘Hai’, né ‘Bai’… ha sparato a Dassano… Dassano è caduto. Ho avuto l’impressione che cadendo avesse ancora il dito sul grilletto… mentre è caduto ha colpito Malan. Gli ero vicino e ho pensato che fosse inciampato: l’ho tirato su ed ho visto che aveva due buchi… Uno qui… e uno qui… Penso che i colpi siano partiti di lì.
Comunque, finita la sparatoria, ci sono stati due morti… Li hanno portati lì all’Ospedale… Dassano è rimasto lì un bel po’ a lamentarsi, prima che lo portassero via… Malan è morto sul colpo. Poi ci hanno ‘impiccati’ contro il muro e… ‘Fuciliamo tutti!’. …Un momento!… E’ arrivato Matthieu Gay, il Dott. Gherardi…, è venuto giù Prearo…
Intanto Mario Rivoir si era, nel tafferuglio, ‘squagliato’… non l’abbiamo più visto. Ha fatto bene: se lo prendevano, lo accoppavano! Lì era ‘uno più uno fa due’ e lo ammazzavano ‘dritto come un fuso’!
Noi invece siamo stati lì ed abbiamo spiegato le nostre ragioni a quelli che ci hanno interrogati e che hanno detto che la cosa era risolta così… con due morti!
Quando siamo andati all’ospedale per vedere come stava Dassano, ci hanno detto che era là… Ma ‘là’ c’è la camera mortuaria… Sì, sì… è morto! E’ arrivato qui e, dopo poco, è morto! E’ stato colpito alla spalla e dietro aveva un buco… così… nella schiena.
Sono cose successe; non avrebbero dovuto succedere, ma sono successe. La cosa ha forse accelerato un po’ il rastrellamento di due o tre giorni. Quello è successo il 19 marzo, giorno di San Giuseppe… e il rastrellamento è iniziato il 21…

Giordano
Sono arrivato lì, proveniente dalla Villa di Agosti con Momigliano e altri due o tre… Ci hanno raccontato il fatto… E’ stata istituita una Commissione d’inchiesta, una specie di tribunale… Formato da Gay, Momigliano… Agosti non so se sia intervenuto… o è rimasto dietro le quinte… La cosa si è risolta praticamente con l’allontanamento di Mario Rivoir…
Dietro tutto questo…

Malan
Di’, di’ pure…

Giordano
Dietro tutto questo c’era un certo fermento… secondo me spinto da Gigi… Era un anarchico… Diceva di essere un anarchico e vedeva in Mario Rivoir, già Capitano della Guardia di Frontiera, il militare… C’è stata una grossa incomprensione.
Mi pare sia stato punito Ganimede… punito uno perché aveva fatto, o aveva detto di aver fatto, azioni ‘non pulite’ nei confronti di una ragazza. Questo Ganimede… di nome e di fatto… è stato punito al palo. Non ricordo se era della squadra di Rivoir o di Gigi.
Da lì è nata tensione, un guazzabuglio di sentimenti… che è sfociato in questo fatto estremamente doloroso… sono morti in due: non dovevano morire in quel modo lì…
Questo per dirvi come stavano le cose. Non abbiamo ‘scheletri’ negli armadi, possiamo avere ‘errori’, ma non degli scheletri…
Anche questa azione della Vittoria, questo ‘incidente’ della Vittoria, che certamente non andiamo a sbandierare ai quattro venti, ma non lo neghiamo ed è scritto sui libri… prendete quello della Rochat… Se andate negli Archivi del Tribunale, troverete la segnalazione dei carabinieri di Torre Pellice, ancora ‘reali’, su questo fatto e dice… ‘Uno scontro tra elementi non ben identificati…’ I Carabinieri se la sono cavata così: c’era un maresciallo che collaborava… Aveva contatti con tuo fratello (ndr. Roberto Malan)

Malan
Faceva finta di essere fascista…

Giordano
Faceva finta di fare il maresciallo dei Carabinieri…
Questo è stato un incidente ‘interno’, ma avrebbe potuto diventare un incidente ‘esterno’…
Ci sono stati anche dei tentativi delle formazioni garibaldine di entrare in Val Pellice, non sempre belli… o graditi…
Un altro fatto per me di notevole importanza è che la ‘pianurizzazione’ non ha portato il brigantaggio: questo grosso pericolo c’era! I gruppi di cinque o sei che con il Comando finiscono per avere contatti sporadici, perché il Comando magari è in valle e loro sono alle porte di Torino…magari, in un certo momento, può portare ad episodi di brigantaggio…
Un fatto simile a quello della Vittoria è successo a Casalgrasso tra due squadre di garibaldini… C’era una squadra di garibaldini che aveva avuto l’ordine di andare a fermare cinque o sei partigiani ‘sbandati’, che erano entrati nell’ordine della ‘requisizione autonoma’, pro domo mea… Anche lì c’è stato uno scontro a fuoco con due o tre morti…
Anche questo fatto non è nascosto dai garibaldini… come noi non lo sbandieriamo, così fanno loro… Sono cose incresciose, ma storicamente provate. Non abbiamo, ripeto, scheletri, ma errori sì… tutti!

Malan
Non c’è nessuna famiglia in cui non ci siano dei litigi e delle cose brutte…Il mondo è fatto così. Le cose brutte sono state molto meno di quanto ci saremmo aspettati… Ragazzi giovani così… Quanti avrebbero potuto sbagliare! Agosti rilevava che nel periodo della Liberazione ci sono stati meno delitti…

Giordano
Intanto è questione di zone. Noi avevamo la zona Vigone, Carignano e None, che era la zona di nostra influenza. Lì per alcuni motivi logistici, transitavano tutte le squadre che andavano nell’Astigiano; lì c’erano depositi di materiale giornalistico… non dovevano succedere incidenti, doveva rimanere una zona tranquilla… I garibaldini ci accusavano, non dico di ‘essere vigliacchi’, ma ‘paurosi’ e di non fare delle azioni…
Era un modo di vedere o di ‘non vedere’: ci sono delle opportunità per cui tu lì non devi fare, opportunità per cui tu lì non devi fare niente, anche se ti ‘gira l’anima’ nel non fare niente… Questi contrasti in realtà c’erano…

Malan
C’era qualcosa di peggio. Questo lo dicono anche i garibaldini. La mentalità è che più morti si hanno, più si è valorosi e si ha più gloria. Invece… meno morti si hanno, più si è in gamba…
Anche un coraggioso comandante garibaldino diceva in modo sbrigativo di ricevere gli ordini, ma se la vita dei suoi uomini era in pericolo, non li eseguiva, perché prima c’era la vita dei suoi uomini e poi…

[fine]