Vittorio Rostan che dà sfogo alla sua disillusione; Carmela Mayo Levi che ricorda Rorà rifugio sicuro degli ebrei perseguitati e le campane che suonarono a festa in tutta la valle il giorno della Liberazione; Renzo Sereno che ripercorre le fila dell’insediamento garibaldino in Val Luserna. E Marisa Diena, il volto politicizzato della Resistenza al femminile.

“Volevamo creare una coscienza civica”

Leggi il testo qui di seguito o vai all’opuscolo originale.

Estratto dal n° 6B della serie di 12 Quaderni multimediale sulla Resistenza – Scuola e Territorio
Ricerca triennale delle classi
a.s. 1997-’98: 1^ B/IGEA e 5^ B/PNI
a.s. 1998-’99: 1^ A/IGEA e 4^ A/Op.Tur.
a.s. 1999-2000: 2^ A/IGEA e 5^ A/Op.Tur.
dell’Istituto Tecnico Statale Commerciale e Professionale per il Turismo “L. B. ALBERTI” di Luserna S. G. e Torre Pellice
Coordinata dai Proff. Luigi Bianchi e Marisa Falco

http://www.portalebf.it/partig/quaderni/quaderni.htm

Luserna San Giovanni, 19 febraio 1999

Domanda
Volete fare un intervento introduttivo per presentarvi ed offrire spunti per un dibattito?

Rostan
Si parla molto della Resistenza, solo nelle grandi occasioni, e poi… noi vediamo i nostri politici che gridano, sbraitano, urlano nelle grandi manifestazioni, poi non si ricordano chi siamo, che siamo stati noi ad averli messi lì… Come diceva un nostro amico, abbiamo combattuto per la giustizia, per la libertà e l’uguaglianza…Oggi? Libertà? Solo per i delinquenti… Giustizia? Chi ha tanti soldi se ne frega… Uguaglianza? Chi prende 500000 lire e chi tre milioni… Non abbiamo combattuto per una cosa simile, vorremmo qualcosa di più, soprattutto per i giovani. Quale avvenire hanno per il lavoro? Abbiamo combattuto per un’Italia unita, uguale e diversa… Ho fatto la guerra di Croazia, sono tornato in Italia e ho combattuto fino al ’45. Ci sentiamo abbandonati. Quando noi non ci saremo più?

Sereno
Siamo qui per tentare di farvi capire cosa sia stata la Resistenza nella Val Luserna… Ho fatto venire delle persone che, durante la Resistenza, sono state in Val Luserna: la prof. Marisa Diena , di religione ebraica e perseguitata, è stata staffetta in Val Luserna e a Montoso ed ha scritto le sue memorie che sono “Guerriglia e Autogoverno”; la Signora Carmela Mayo Levi, di religione ebraica, è stata rifugiata a Rorà con il marito, sotto il falso nome di ‘Coniugi Olearo’: sono stati protetti dalla popolazione di Rorà dall’eventualità di una deportazione in Germania. Con lei ed il marito erano anche altre famiglie ebree. Vittorio Rostan è stato comandante di un distaccamento in Val Luserna e Gigi Scanferlato ha fatto il partigiano in Val Pellice.

Diena
Avete domande da fare? Partirei dalle vostre curiosità. Visto che siete in prevalenza donne, ve lo devo dire. Mi arrabbio sempre un po’, quando riferendosi alla partecipazione delle donne alla Resistenza, si insiste a parlare solo del ruolo della staffetta, che fa pensare un poco a ‘portaordini’.
Le donne nella Resistenza, sia qui in Val Luserna, sia un po’ da tutte le parti, hanno fatto le cose più diverse dall’assistenza alla partecipazione armata. Incomincio a dirvi che io non ero staffetta. Ero Vice Responsabile del Servizio Informazione della grande formazione della Brigata Garibaldina che copriva le aree di Montoso, Valle Po, Val Varaita, Val Maira, Langhe ed Astigiano.
La 105^ Garibaldi è rimasta in Val Luserna ed era diretta da personalità notevoli come Pompeo Colajanni (Barbato), Ludovico Geymonat, famoso filosofo di Milano, nato a Luserna e con casa a Barge, Antonio Giolitti, nipote dello statista, ospite a Cavour dai nonni. L’insieme di queste persone ha iniziato questo movimento che si è spostato da Barge, a Luserna, al Montoso e verso il Saluzzese ed il Cuneese.
Ho avuto questo incarico e giravo molto in pianura, qui venivo però ed arrivavo alla ‘Ca’ Roussa’, trattoria prima del Pontevecchio, oggi località Maddalena. Lì si trovavano i partigiani, c’era sempre un gran movimento, un centro di informazione. Io mi muovevo in pianura e avevo in ogni paese dei posti di riferimento: per diciotto mesi ho dormito, mangiato – due tre volte al giorno, ma talvolta saltavo i pasti quando c’erano i rastrellamenti – sempre in posti diversi, da contadini o da gente di paese che correvano grossi rischi per ospitarci.
Proprio in Val Luserna, ero presente quando c’è stato il rastrellamento del 21 marzo ’44 sopra Pontevecchio: ero ospite di una famiglia, mi spiace di non ricordarmi come si chiamasse. Quando tornavo tutta bagnata, dopo chilometri sotto la pioggia, quando finalmente arrivavo in una casa, mi facevano asciugare vicino alla stufa, con cui si scaldavano e facevano da mangiare, mi davano del latte caldo. Questa famiglia aveva una camera dove dormivano in un letto la nonna e nell’altro la nipotina e poi c’erano i genitori; lì mi ospitavano, perché la nonna si prendeva nel letto la nipotina che mi cedeva il suo letto per dormire.
Continuamente c’erano questi modi di riceverci e di aiutarci. In un secondo tempo, ho partecipato ad un’altra cosa, secondo me decisiva nella Resistenza. Si parla sempre della guerriglia, dell’attività più militare; invece c’è anche stata un’attività civile. Per voi forse è difficile immaginarlo, ma credo che per capire la storia si debba avere molta immaginazione: bisogna immaginare come persone come noi vivevamo in altri periodi e noi eravamo cresciuti sotto il fascismo e cose come fate voi adesso, allora non si sarebbero mai sognate. Al di qua l’insegnante che parlava, parlava, parlava; noi eravamo di là e dovevamo poi studiare, cioè ripetere come pappagalli quello che aveva detto l’insegnante o che era scritto sul libro, sul manuale, sull’unico libro, perché non esistevano altri testi da consultare.
Quindi la Resistenza ha significato questa partecipazione, questo fatto che noi sentivamo di essere dei protagonisti, di dare un contributo alla storia del nostro paese, di non essere assenti, di non pensare solo ai fatti nostri. Eravamo giovani, però.
Ci fu nell’estate del ’44 dappertutto, e anche in Val Luserna, la direttiva di organizzare le Giunte Comunali Clandestine. Voi sapete che il fascismo aveva eliminato tutte le formazioni democratiche: c’era il Podestà, non il Sindaco; nei paesi c’era il Podestà nominato dal Governo fascista e dirigeva la vita. Si formarono delle Giunte Comunali clandestine che, durante il periodo dell’occupazione, gestivano con molto coraggio il Comune: rischiavano, potevano essere riconosciute, individuate ed arrestate.
Le giunte comunali clandestine ed i CLN; in certi posti sorsero anche i Comitati Contadini e, quello che mi riguarda particolarmente, fui incaricata di organizzare nei paesi Gruppi di Difesa della Donna e di Assistenza ai Combattenti della Libertà.
Le donne avevano dato spontaneamente il loro aiuto, aiutando i soldati sbandati, accogliendoci, proteggendoci, informandoci sui movimenti. Importantissime nel custodire i feriti: era un grave pericolo. Si trattava quindi di organizzare questo movimento che era stato spontaneo, che era stato istintivo delle donne, ‘materno’, come è stato detto, nell’aiutare i soldati sbandati e i partigiani; di incominciare a far acquistare coscienza alle donne dei loro diritti, perché le donne fino ad allora non avevano nessun diritto.
Io andavo nei paesi e costituivo gruppetti di donne, in clandestinità, tra queste c’erano l’ostetrica, la maestra, e si discuteva di questi problemi. Ci sono certi giornali che riportano: ‘a parità di lavoro ‘parità di salario’… Ma le donne erano pagate molto meno: facevano lo stesso lavoro degli uomini, però erano pagate molto meno. Di questo si incominciò a parlare durante la Resistenza. Qui in Val Luserna ci sono stata per un certo periodo e arrivavo fino alla ‘Ca’ Roussa’, perché oltre c’erano le basi. C’era tutta una rete che agiva in pianura; c’erano poi le staffette, che facevano le cose più diverse: potevano portare messaggi, medicinali, armi; dare informazioni; tenere contatti tra una città e l’altra, tra un comune e l’altro…

Domanda
C’era una postazione a Pontevecchio. Era una base? Com’era organizzata? Aveva dei contatti con le fabbriche?

Diena
I partigiani dovevano mangiare e inizialmente tutto veniva fatto in modo spontaneo, perché la cosa straordinaria fu che, in diciotto mesi, perché tanto durò la Resistenza, dall’8 settembre 1943 al 25 aprile del 1945, in diciotto mesi da un esercito che si era sbandato, da nessun potere perché lo Stato si era disgregato, si costruì un esercito popolare in modo volontario e con tutti i servizi. C’erano quelli che si dedicavano all’Intendenza, che forniva ai vari gruppi le vettovaglie; c’erano i partigiani che procuravano la farina, poi c’era il mulino, poco dopo il ponte, che distribuiva nei vari luoghi il pane. C’era la centrale elettrica, dove c’era il telefono, che era importante come lo era Biasin, il custode, che dava grossi contributi ai partigiani.
Perché i partigiani potessero vivere in montagna era necessario che avessero vettovaglie, informazioni, collegamenti e dati se si preparava un’azione ed allora tutto questo veniva fatto dall’Intendenza. Ho conosciuto parecchi partigiani; loro stavano su, in alto, nelle baite, a gruppi e scendevano quando dovevano compiere delle azioni.

Domanda
Come impiegavano le loro giornate?

Diena
C’era il momento delle azioni, c’erano le corvée: ad esempio, dovevano andare a procurare paglia, perché dormivano sulla paglia nelle baite; c’erano quelli che procuravano il cibo; c’erano quelli che erano collegati per le informazioni, poi c’era sempre la manutenzione delle armi.

Domanda
Com’era l’organizzazione militare nella Val Luserna?

Rostan
Pattuglie a Pontevecchio, Base Comando al Triboletto, poi c’era un distaccamento al Mauciuss, poi il grosso a Rorà. Poi avevamo un campo di concentramento per i prigionieri. Sono stato citato in tribunale in quanto un parente di Don Ricca, parroco a Rorà, aveva procurato del filo elettrico della Riv. Eravamo stati autorizzati per tenere dentro il campo i prigionieri… C’erano 150 uomini: la base per mangiare era alla Maddalena, da quel famoso fornaio che si chiamava.… Il resto, carne e altro, era Gino Rossi di Barge, capo dell’Intendenza, che ce lo procurava. Mangiare si è sempre mangiato abbastanza, se si eccettuavano i periodi di rastrellamento: allora c’era un pezzo di pane … e via. I vestiti anche c’erano.
Senza loro, le staffette, non avremmo potuto vivere: erano loro che andavano in pianura e ci procuravano notizie. Noi non potevamo scendere in pianura. Avevamo staffette che arrivavano da Biasin. Le staffette, le collaboratrici, hanno fatto molto: ci hanno sempre aiutati e ci hanno anche salvati. Combattimenti parecchi, morti parecchi, parecchie ‘stangatine’ anche: la più forte è stata quella del mio gruppo a Nichelino, quando siamo tornati indietro.
Il Comandante di Brigata era Di Nanni, Commissario Mario, ogni distaccamento aveva il suo comandante. Da Torino Di Nanni mi dice di andare a prendere viveri in Val Luserna; eravamo in Via Nizza… bombardamenti a tutto spiano. La gente ci dava un pezzo di pane, però non ne aveva nemmeno per sé. Sono venuto su con venti uomini: arrivati a Nichelino ci hanno fermati. I partigiani ci hanno fermati e ci hanno detto che c’era una ‘tribù’ di Brigate Nere e di SS. Ci consigliano di non salire. Arriva una Topolino aperta con sopra Vaciago, l’ingegnere, autorità anche se clandestina. Arriva con due dei miei partigiani che avevamo lasciato a presidiare in Val Luserna. Chiediamo loro come abbiano fatto: li hanno fatti passare. Gli altri mi hanno accusato di essere stato un fifone. Siamo partiti, ma arrivati a 50-60 metri dalle Brigate nere, c’è stato un grosso scontro a fuoco. Il camion si è capovolto; io sono caduto in un fosso pieno d’acqua e sono rimasto immobile fino a che non se ne sono andati. Quando sono venuti a raccogliere i morti, sono uscito dall’acqua, mentre Scarognina, il medico che era scappato, si era salvato e fortunosamente era rientrato a Torino.
Come vivevamo nella nostra sede al Tribulet? Avevamo un fienile come camera da letto e la stalla per cucina, una bellissima stufa, una di quelle vecchie stufe di ghisa su cui si faceva da mangiare. Per lavare c’era un torrentello: d’inverno si rompeva il ghiaccio, e si lavava lì…
Avevamo un campo-cimitero: quando arrivava il distaccamento comandato da Penna Nera, che operava in pianura, e portava dei prigionieri per i quali c’era l’ordine di fucilazione, noi li si fucilava e li si metteva lì, nel campo-cimitero. Abbiamo anche fucilato una delle due spie che erano state mandate dalle SS di Torino: si erano fermate a Pinerolo, dove c’era la fiera ed hanno fatto il tiro a segno e sono stati fotografati quando hanno fatto centro: uno è andato in Val Chisone da Serafino e l’altro è rimasto in Val Pellice. L’ho fatto disarmare e gli ho mostrato la foto: è impallidito ed ha confessato. Aveva fatto una piantina della valle con indicate tutte le basi partigiane…

Diena
Prima di Di Nanni c’erano Romanino e Geymonat, quest’ultimo Commissario politico…

Domanda
Dov’è la Bordella?

Rostan
Sopra la centrale elettrica. C’era una base. C’era il Comando di guerra. Alla Galiverga c’era Petralia, dove sono rimasti i garibaldini fino al 21 marzo del ’44, quando c’è stato il rastrellamento, poi si sono spostati al Montoso. Le formazioni Garibaldi sono nate nel Cuneese, a Barge…

Sereno
Il 30 dicembre c’è stato un violento rastrellamento con scontri e fuoco. Uno è stato alla Prabina, vicino alla Madonna della Neve e la squadra di Petralia si è ritirata verso la Val Luserna ed è arrivata a Pian Porcile. Poi ha preso il controllo della Val Luserna…
Per quanto riguarda le formazioni garibaldine in Val Luserna, sono arrivate ai primi di gennaio del 1944. A Pian Porcile, poi alla Bordella e poi si sono allargati a Rorà.
In Val Luserna, agli Ivert, si era già formata dal settembre del 1943 una squadra, costituita da alcuni ufficiali di Pinerolo ed alcuni studenti di Torre Pellice ed è rimasta lì fino a quando i partigiani della Val Pellice non hanno iniziato il controllo della Val Germanasca. Il gruppo è passato nella Germanasca, mentre Sergio Coalova si è rifiutato di seguire Favout e poco dopo è stato catturato e mandato a Mauthausen in campo di concentramento (cfr. “Un partigiano a Mauthausen”). Il luogo è rimasto sguarnito e i garibaldini vi si sono insediati…

Domanda
Quali erano i rapporti con i G.L.? Cosa c’è di vero nella faccenda dei ‘muli’ e degli approvvigionamenti? Rostan: Hanno dato il permesso di scaricare il grano al Montoso e dalla Val Pellice hanno fatto le famose corvée… Abbiamo ‘rubato’ parecchi lanci… brontolavano, gridavano, ma, d’altra parte… C’è stata divisione, ci sono stati contrasti…

Diena
Ci sono profonde radici storiche circa le differenze: c’erano stati partiti perseguitati durante il fascismo che erano ad esempio il Partito d’Azione… pensiamo a Gobetti, a Carlo e Nello Rosselli, a Pertini…
C’era poi il PCI, molti dei suoi uomini erano in carcere come Gramsci, Di Vittorio, Vittorio Foa… [trattasi di errore, Foa aderì al PdA già dal 1933 e finì al confino per l’attività che vi svolse].
Quando i partiti che erano stati proibiti, sciolti come i sindacati e le associazioni con le leggi eccezionali, perseguitati, confinati… quando il 25 luglio 1943 cadde il fascismo, quando l’otto settembre 1943 si disgregò lo stato, furono i partiti che organizzarono e diressero. Dirigevano i partiti come il Partito d’Azione ed il Partito Comunista, ma c’erano anche i badogliani, fedeli al re; c’erano gli autonomi e poi c’erano le Brigate Matteotti, emanazione del Partito Socialista.
La grande maggioranza dei volontari della libertà erano ‘apolitici’, senza una precisa idea politica: tutti siamo cresciuti sotto il fascismo e, fino ad un certo punto, ne siamo rimasti affascinati, fino ad un certo punto…
Io ho avuto una storia diversa perché mio fratello, che era del partito d’Azione, è stato arrestato… L’11 settembre 1943 siamo andati in montagna io, Giorgio Diena, che era uno dei fondatori del Partito d’Azione e Franco Diena, il mio fratello minore, diciottenne, che cadde a Pancalieri in uno scontro. Noi eravamo politicizzati, perché molti erano usciti dalle carceri fasciste, avevano partecipato alla guerra di Spagna contro Franco, avevano fatto la lotta clandestina…
In valle c’erano molti figli di perseguitati politici: c’era Franco Momigliano, ‘Dante’, il figlio di Negro… C’erano figli, fratelli cresciuti in famiglie antifasciste e perciò politicamente orientati.
Quando ci fu lo sbandamento dell’esercito, molti giovani di varie parti d’Italia o tornarono a casa, se vicini, o si nascosero o andarono con i partigiani. Alcuni ufficiali di carriera, dal capitano in giù, rimasero, anche se non erano abituati alla guerriglia, perché educati in Accademia Militare, ed era difficile adattarsi a dormire sul fieno in montagna, nelle baite…

Scanferlato
In Val Pellice i lanci ci furono già nel 1944, altrove no e bisognava scendere in pianura, magari disarmare un carabiniere per procurarsi le armi… La Val Pellice era ben fornita di armi, solo i G.L., perché non erano comunisti, quindi gli americani e gli inglesi li rifornivano. Zama, paracadutato come elemento di collegamento, saputo di un lancio, avverte Petralia, che predispone i fuochi e lo sottrae ai G.L. Questo spiega il perché delle accuse contro i garibaldini di ‘furti di lanci’…

Sereno
In Val Pellice, c’è sempre stata collaborazione tra i diversi gruppi, soprattutto quando si trattava di grosse azioni…

Diena
Quando studierete la pianurizzazione, vedrete che tra Renato Vanzetti e Milan (Isacco Nahoum) c’era collaborazione…

Levi Mayo
Io mi sono trovata con Frida Malan ed altre donne ed abbiamo costituito i gruppi in difesa della donna: eravamo della Val Pellice e della Val Luserna…

Rostan
Quante volte abbiamo dato il grano alla Val Pellice, perché di là, dal Montoso, ci arrivava…

Diena
Quando i paesi di fondo valle erano presidiati dai nazifascisti e non potevano ricevere rifornimenti, passavano dal Montoso, dove c’erano i Garibaldini…

Sereno
Per due volte, risaliti da Villar Pellice verso La Gardetta, si andava alla Sea e poi al Chiot d’l Aiga, a San Lorenzo e poi alle Bariole, da dove si scendeva a Prarostino. Lì arrivavano farina e grano, ci si riforniva e si ritornava…

Domanda
E l’esperienza degli ebrei a Rorà?

Levi Mayo
Racconterò perché sono andata a Rorà.
Mio marito era perseguitato politico ed era stato confinato ad Ataleta, perché antifascista ed attivista. Liberato il 25 luglio del ’43 con la caduta del fascismo, è stato nuovamente ricercato l’8 settembre.
Torino è stata occupata dai tedeschi: in Corso Vittorio i carri armati hanno sparato sulla gente… C’erano poi i bombardamenti sulla città: di notte bisognava andare nei rifugi, le case crollavano… Abitavo vicino a Porta Nuova ed era particolarmente pericoloso, perché cercavano di colpire la ferrovia e la Fiat… Tra i bombardamenti e la caccia all’uomo per arruolamento e la lotta antisemita, che determinava rastrellamenti e propaganda con terribili manifesti che parlavano della ‘piovra giudaica’… c’era il pericolo di essere presi.
Mio marito conosceva la Val Pellice e molte famiglie del luogo, perché vi era stato in vacanza da piccolo… Siamo venuti a Torre Pellice e poi il 1 dicembre 1943, quando anche qui hanno cominciato ad esserci sulle strade manifesti antisemiti che promettevano una taglia di £. 5000 sugli ebrei… C’erano diverse famiglie come la mia che, sfollate prima per i bombardamenti, si trovavano qui anche per affinità tra ebrei e valdesi. Queste famiglie hanno avuto la necessità di nascondersi ed hanno cercato rifugio nelle cascine… C’era la famiglia Terracini, c’era la famiglia De Benedetti, c’erano le sorelle Aimar… Ogni famiglia ha cercato un posto più sicuro…
Sono venuta con mio marito e ho trovato rifugio dai Durand, alla ‘Vergera’, verso Pian Pra… Mio marito, essendo antifascista, si è messo in contatto con la 105^ Brigata Garibaldi che era in Val Luserna ed io ho tenuto il collegamento con Torino. Scendevo dalla montagna con una borsa a doppio fondo, dove nascondevo informazioni e documenti da portare a Torino. Scendevo da Rorà, Pian Pra, Inverso, Torre Pellice, dove c’era un camion che trasportava i tessuti della Mazzonis: salivo sul camion alle 6 e mi facevano salire perché erano d’accordo… Un freddo, d’inverno!..
Passavamo il posto di blocco tedesco. Aprivo la mia borsa, ma nascondevo tutto nella fodera… Avevo appuntamento con Adriana, Vittoria… di cui conoscevo solo il nome, che mi aspettavano in posti diversi e anche Ludovico Geymonat al Caffè Platti. Mi consigliava di vestirmi come per un incontro galante per non dare nell’occhio.
Io consegnavo la stampa clandestina e loro mi davano altra stampa. Poi ritornavo a piedi da Luserna: c’erano come treni, fin lì, carri bestiame, dove si viaggiava in piedi, allo scuro e si fermavano in mezzo alla campagna, quando c’erano i bombardamenti. Da Luserna facevo tutta la strada a piedi fin su: portavo le lettere dei partigiani… evitavamo così la censura!
Quando c’era la neve alta, alcune volte dovevo fermarmi in una cascina. Ricordo che una volta hanno aperto ed erano tutti seduti nella stalla e mi hanno dato da dormire… Al mattino ho mangiato la polenta con il latte…
Ho fatto quel lavoro lì di collegamento e a Rorà mi sono trovata bene, perché in queste valli non c’era antisemitismo. Ci ritrovavamo tutti un poco sperduti e cercavamo di festeggiare al sabato, che per la nostra religione è un giorno festivo; andavamo ai Rumè, dove c’era una famiglia di Levi e ci ritrovavamo per sentire Radio Londra. Mio marito aveva una carta geografica e segnava man mano i movimenti della guerra.
Abbiamo subito il rastrellamento del 21 marzo 1944: sono arrivati i tedeschi fin su con il carro armato; sono entrati in tutte le case; hanno perquisito e rubato: non c’è stato nessuno che abbia parlato! Hanno preso degli ostaggi, fra i quali anche mio marito, e li hanno portati per le strade perché indicassero le basi partigiane. Li hanno fatti dormire per terra, ma nessuno ha parlato…
La fine della guerra è stata una giornata incredibile: hanno incominciato a suonare tutte le campane della vallata: le montagne rimbombavano. Siamo usciti, ci siamo presi sottobraccio, parlavamo tutti assieme: non c’era più nessuna differenza. Eravamo tutti amici.

Rostan
Vi voglio dire che due capi partigiani garibaldini, Geymonat e Colajanni, erano veramente generosi, capaci di privarsi di qualcosa per una donna piangente o un partigiano con le scarpe rotte… Erano come noi: dormivano sulla paglia e mangiavano come noi…

Diena
Tante volte ho dormito nei letti, ma talvolta nella paglia, nei ‘ciabot’ della campagna. Una sera, io e due partigiani, siamo andati in un ciabot e c’era della paglia, ma i contadini ci avevano dato delle lenzuola: abbiamo fatto con cura i nostri letti, ma la paglia punge, punge terribilmente… Era estate… Dormire sulla paglia era duro… Molti partigiani dormivano vestiti… avevano pidocchi e scabbia…

Levi Mayo
Venivano anche a casa mia: facevamo le patatine fritte… A volte ho preso le calze di mio marito e gliele ho date, perché erano scalzi… scarpe rotte, eppur bisogna andar! Proprio vero. Perché le cose sono cambiate, quando sono arrivati i lanci, le forniture. Anzi i Garibaldini rubavano i lanci ai G.L. che ne ricevevano di più. All’inizio i partigiani non avevano nemmeno vestiti adatti alla montagna, perché inizialmente erano solo sbandati. Le formazioni sono state organizzate dai politicizzati che li hanno resi un esercito di Liberazione…

Domanda
Vorreste fare un bilancio delle vostre esperienze?

Rostan
Ho combattuto per avere una vita migliore per tutti. Oggi vedo che stiamo andando indietro. Il vero partito è la coscienza e in Italia non ce n’è più o ce n’è poca… Diciamo allora che ho combattuto non per fare chissà che, ma… sono scappato dai tedeschi… avevo già visto la Croazia e ne avevo abbastanza: i tedeschi ci lasciavano in gravi difficoltà. A vent’anni abbiamo creduto che ci sarebbero state uguaglianza, unione… eravamo d’accordo. Subito sembrava che tutto andasse bene… Ormai noi siamo fuori campo: sta a voi giovani decidere. La prima cosa è la coscienza. Forse voi riuscirete a cambiare le cose. Oggi c’è troppa libertà… un tempo era troppo poca…

Levi Mayo
E’ importante l’educazione e notevole sarebbe l’autocontrollo. Rifarei tutto quello che ho fatto e sono ottimista. Credo che si siano fatti molti passi avanti. Sono andata ad una lezione di Bobbio, che ha detto che magari si va avanti di tre passi e si torna indietro di due, ma almeno un passo avanti si è fatto! Sono cicli storici. Adesso è un cambiamento storico: io spero però che la storia serva. Bisogna capire che ci vogliono la libertà, la tolleranza, l’uguaglianza per tutti gli uomini. Penso e spero che ci siano possibilità. Saranno gocce, ci vorranno secoli…

Diena
Sentirete tra gli ex resistenti o posizioni negative o di delusione.
Noi abbiamo fatto un’esperienza così ricca ed abbiamo conosciuto le persone nei momenti peggiori, ma conosciuto anche uomini che davano l’impossibile: facevamo cose inconcepibili in tempi normali, di fatica, di solidarietà, di generosità…
Dentro di me è rimasto un senso di ottimismo. E’ vero: ci sono cose negative quanto mai, ma abbiamo conquistato la Costituzione, dove i diritti e i doveri ed i principi fondamentali sono molto avanzati. Grande conquista è stato anche il movimento femminile: se voi sapeste quale era la condizione delle donne… Il Codice napoleonico regolava i rapporti familiari nel matrimonio… Per le donne c’è stata una vera rivoluzione.
La nostra esperienza è stata di partecipazione, di protagonismo e pertanto è fondamentale cercare di uscire dall’individualismo sfrenato, per cui ciascuno pensa soltanto al piccolo proprio orticello, ad arricchire, a consumare sempre di più, ad avere successo… Ci sono questi mezzi di informazione terribili.
Ciò che è sommerso e che bisognerebbe far emergere è il volontariato. Ambientalisti, assistenti agli handicappati… infinite forme di generosità che arricchiscono la vita, fare un lavoro bene, rendersi utili nella società… Tutto questo non è solo lavoro: è dare se stessi. Questa è stata per noi la Resistenza: eravamo dei volontari, nessuno ci aveva costretti a fare quella vita, ma sentivamo in quel momento di stare facendo la Storia, di essere protagonisti. Trovo che in tutto l’arco da allora fino ad oggi, in particolare il movimento femminile, sia importante.
Purtroppo si vede solo il negativo, perché è questo che fa notizia. Tutti i giorni ci vengono scagliati addosso delitti, stupri, pedofilia, catastrofi, guerre… Perché solo questo fa notizia? Oggi il sapere ha uno sviluppo notevole, ma non siamo informati. Non è che mi piaccia tutto quel che c’è!

Sereno
Non avevo ancora compiuto diciotto anni, quando sono andato a fare il partigiano. Credevamo di fare qualcosa che potesse rendere il mondo più umano, lo sognavamo. Purtroppo non sempre i sogni si avverano, ma qualche cosa abbiamo raggiunto. Prima di tutto la conquista della libertà. E quella c’è. Si è andati a fare i partigiani non per qualche obiettivo personale, ma per qualcosa che potesse servire a tutti. Fare qualcosa per gli altri: non pensare solo a sé. Noi sapevamo di creare qualcosa di giusto, umano, solidale… Materialmente ci sono stati grossi progressi, ma non è solo questo.
Volevamo creare una coscienza civica.

[fine]