Il confine che non riuscì a far da confine

Una lunga linea di confine accompagna il versante orografico sinistro della val Pellice, una caratteristica piuttosto atipica in questo settore delle Alpi dovuta al fatto che subito dopo Villanova la valle svolta decisamente a sud: la Francia le si viene così a trovare non in cima ma a fianco, per una buona metà del suo sviluppo, dal Bric Boucie fino al monte Granero.

Quanto questo abbia potuto mischiare le carte da questa e da quella parte del confine (lingua, nomi, cultura, economia, storia…), e quanto questo abbia potuto renderlo aleatorio e permeabile è facile immaginare…

Eppure i partigiani di qua e i partigiani di là, pur essendo così prossimi, pur avendo gli stessi nemici e gli stessi alleati non si amarono mai; persino quando gli italiani svalicavano per sfuggire a qualche rastrellamento sentivano di essere ospiti non graditi e in un modo o nell’altro si vedevano costretti a tornare da dove erano venuti nel giro di due o tre giorni.

D’altronde.., come dare torto ai francesi? “Avete aspettato di vederci in ginocchio per accoltellarci alle spalle” disse l’ambasciatore di Francia André François-Poncet al conte Gian Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri dell’Italia fascista che gli consegnava la dichiarazione di guerra. Qualche giorno dopo uno sgomento Piero Calamandrei annotava nel suo diario: “Come potrà d’ora innanzi un italiano guardare in faccia un francese?“

La dichiarazione di guerra, già di per sé ignominiosa, si materializzò ben presto in una serie di operazioni militari altrettanto ignominiose, sferrate contro un nemico in agonia sotto l’attacco tedesco, nei giorni in cui la sua capitale veniva occupata dal nemico. Miserevoli tentativi del regime di annettere territorio al di là delle Alpi nella dichiarata intenzione di potersi sedere al tavolo dei vincitori a fianco dei tedeschi.

All’indomani della dichiarazione di guerra, nella zona Pellice, Germanasca, Chisone, quattro battaglioni del 3° reggimento alpini di stanza a Pinerolo, il Pinerolo, il Fenestrelle, il Val Pellice e il Val Chisone, rinforzati da due battaglioni di Camicie nere, ebbero il compito di agire verso Abriès su tre direttrici, il Col d’Abriès, il Colle dell’Urina e il Col della Croce. Il 20 giugno il Pinerolo valicò il Col della Croce, bombardò e distrusse La Monta ma non riuscì ad andare oltre, mentre il Fenestrelle arrivato fino ad Abriès via Colle dell’Urina ne venne subito ricacciato. Gli altri rimasero bloccati in quota dalla neve e dalla resistenza francese; la situazione entrò subito in stallo, qualche giorno dopo l’armistizio bloccò ogni ulteriore velleità.

Al tempo in cui al Prà un paio di decine di migliaia di soldati aspettavano l’ordine di risalire i colli e scendere dall’altra parte, a quella sorta di guerra lampo stracciona che si portò dietro la distruzione di un inerme centro abitato senza alcun interesse strategico, dieci anni fa Andrea Geymet ha dedicato un documentario a tutt’oggi inedito, “1940-1945 Guerra e Resistenza in alta Val Pellice”, una raccolta di testimonianze.

Il documentario è diviso in due parti: la prima dedicata alla breve guerra del 1940, la seconda al periodo successivo all’8 Settembre, al rastrellamento dell’agosto 1944 e alla missione e morte di Paolo Garnier.

Dai racconti dei vecchi protagonisti, tra un continuo salire a scendere da questo e quel versante della valle, quello che emerge è la forza dei rapporti tra chi stava di qua e chi stava di là: spedizioni, contatti, fughe, missioni che si giocano su quella lunga linea di confine. Ciò ci porta a dire che la chiave di lettura più corretta del documentario, a dieci anni di distanza da quando è stato realizzato e a più di ottanta dai fatti, è forse quella di offrire uno spaccato di storia di un confine che non è mai stato tale, che nemmeno la paranoia nazionalistica fascista riuscì a rendere tale.

La chicca del documentario è Abele Bertinat, che sarebbe diventato il capo della banda di Bobbio e che nel 1940 era esploratore nella Pinerolo, che racconta che mandato a vedere cosa c’era ad Abriès, vi trovò un’unica postazione con… “una gallina! Dritta, una gallina…”. Testimonianze successive ci fanno sapere che quello che vi trovò in effetti sarebbe stato un uovo, non una gallina; ma il suo lapsus è quanto mai significativo e racchiude tutto quanto ebbe a pensare di quella breve guerra di giugno.

 

1940-1945 Guerra e Resistenza in alta Val Pellice”, documentario di Andrea Geymet, 2014

Prima parte, Guerra alla Francia

 

Seconda parte, Operazione Nachtigall e rievocazione Paul Garnier.