di Lorenzo Tibaldo*

Nei momenti di grandi trasformazioni e crisi si diffondono l’insicurezza, il disorientamento, la paura.

I nostri anni sono contraddistinti, dopo la pandemia, da una geografia mondiale segnata da guerre, aumento delle disuguaglianze, mancanza e precarietà del lavoro, salari insufficienti, la riduzione dei servizi. Chi è maggiormente colpito da questa situazione sono proprio le fasce sociali più deboli della società.

A questo punto si cerca un responsabile cui addossare la colpa. Qui entra in scena la politica del rancore. Utilizzare a fini di consenso queste paure e fragilità, anzi alimentandole, perché esse sono linfa di potere. Una strategia (purtroppo vincente) ben precisa che indica il “nemico” di turno (l’Europa, il migrante, il magistrato, il mendicante, il manifestante, il diverso) contro il quale scaricare rabbia e odio.

Si tratta di castigare chi chiede l’elemosina, di incarcerare chi nella disperazione di aver perso il lavoro per protesta compie un blocco stradale, di vietare la resistenza passiva di gandhiana memoria. Una politica che tende non a risolvere i problemi, ma a reprimere il dissenso a chi (lo dice la Costituzione) chiede un lavoro, una vita dignitosa, la possibilità di curarsi.

Si vedrà mai un ricco benestante che vive con la famiglia all’addiaccio occupare un appartamento? Oppure un milionario bloccare il traffico perché, restato senza lavoro, non può sfamare la famiglia? O un evasore fiscale seriale chiedere l’elemosina?

Infine, si propongono soluzioni salvifiche (e irrealizzabili) da parte del capo di turno o che in realtà si ritorcono proprio su quelli che si propaganda di tutelare.

Vecchia storia: forti con i deboli e servili e deboli verso i forti.

La politica del rancore manda nello stesso tempo un messaggio preciso (anche ai giovani): se si vuole trovare il proprio viso su un francobollo o avere intitolato un aeroporto si devono infrangere i principali valori etici privati e pubblici e avere qualche condanna penale sulle spalle.

* Lorenzo Tibaldo è Presidente del Comitato Val Pellice per la difesa dei valori della Resistenza e della Costituzione.