L’8 settembre 1943 Sergio Coalova è allievo all’Accademia militare di Lucca. Dopo lo sbandamento della sua unità, torna alla natia Pinerolo; un mese dopo raggiunge una banda che è andata formandosi agli Ivert, sopra Rorà, e che fa capo alle formazioni Giustizia e Libertà. Quando le altre bande GL della Val Pellice decidono di passare in Val Germanasca per organizzarvi la resistenza armata, resta a presidio della valle, che dopo il secondo assalto alla caserma di Bobbio vive il suo momento di libertà, e si sposta con la sua banda alla Sea di Torre assumendo la responsabilità del posto di blocco partigiano alla osteria Vittoria, poco a monte di Torre Pellice sulla strada per Villar.
Quello che racconta nel suo libro “Un partigiano a Mauthausen” (2024, Alzani Editore) è il suo unico natale da partigiano; il 19 marzo del ‘44, difatti, sarà catturato a Torre Pellice dalle milizie fasciste appena all’inizio dell’Operazione Sperber, probabilmente il primo partigiano a cadere nelle loro mani. Avviato a Mauthausen, vi sopravviverà e dedicherà la sua vita a una tenace opera di testimonianza e memoria. E’ mancato il 25 marzo del 2018.
Natale agli Ivert
25 dicembre. E’ un Natale diverso per tutti noi.
Quelli di Torre Pellice ci hanno lasciati per trascorrerlo con le loro famiglie. Rimango con dieci ragazzi in banda: Bastian è condannato all’unanimità a darsi da fare coi fornelli per prepararci il pranzo di Natale, pena sei giorni di rigore se non sarà stato in grado di soddisfarci. Lui, sornione, ci risponde che marcherà visita, così qualcun altro dovrà soddisfare le nostre frenesie mangerecce. Ma, di nascosto, due giorni prima mi aveva chiesto se avevo ancora dei soldi ed io, avendo intuito i suoi propositi, avevo finto di tergiversare:
– Posso mettere insieme due o trecento lire al massimo; ma vorrei
sapere a cosa ti servono perché non posso rimanere senza il becco di un quattrino…
– Devo scendere a Rorà perché viene mio fratello a trovarmi e può darsi che abbia bisogno di soldi… lui non lavora e non posso andare giù senza niente in tasca…
– Lo capisco… ma mi firmi una ricevuta… come farai a restituirmeli?
Ma poi ero scoppiato a ridere e lui con me: avevamo convenuto che gli avrei dato i soldi di nascosto e, davanti ai ragazzi, lo avrei autorizzato a scendere a Rorà per una mezza giornata.
II suo simpatico viso si era aperto in un sorriso di soddisfazione e se ne era andato a raggiungere gli altri che stavano spaccando legna.
II mattino del 24 era sceso a Rorà ed era ritornato nel pomeriggio, mal dissimulando il sacco da montagna inspiegabilmente pieno e pesante.
Il mattino del 25 lascio un aiutante a Bastian e con gli altri scendo a Rorà per la Messa di Natale che il parroco di Lusernetta viene a celebrare nella piccola chiesa del paese.
Veramente don Priotto sale da Lusernetta tutte le domeniche per
la funzione, ma sinora, vari motivi ci avevano sempre impedito di rallegrarlo con la nostra presenza.
Simpatico e leale amico dei partigiani era, con il suo aiutante don Micca, il latore di notizie e avvenimenti della città. Ogni volta che ritornava da Pinerolo mi faceva avvertire e mi portava notizie della mia famiglia. Il suo cruccio era quello di non essere ancora riuscito a combinarmi un incontro con mio padre, il quale, ogni volta che lo andava a trovare, lo assillava di domande e interrogativi.
— Ma vedrà, mi diceva, che riuscirò a togliermi questa idea fissa che mi tormenta e un bel giorno si troverà suo padre qui in sacrestia ad aspettarlo.
Era stato di parola: ai primi di febbraio ‘44, dopo il secondo attacco alla caserma di Bobbio, mi farà avvertire che la sera del 6 febbraio si sarebbe tenuta un’importante riunione alla quale non dovevo mancare perché si sarebbe parlato di argomenti che mi riguardavano personalmente. Ero sceso con ansia e timore, non immaginando quello che avrebbe potuto accadere; ma poi, incontrando il suo viso sorridente sulla porta della sacrestia, anche il mio timore era scomparso, mentre lui, in un impeto di gioia mi aveva abbracciato e mi aveva annunciato che di là c’era mio padre ad aspettarmi…
Entriamo in chiesa in punta di piedi per non disturbare e rimaniamo in fondo. II parroco è già all’altare e non ci ha sentiti entrare, ma quando si volta per il «Dominus vobiscum» ci vede e ci indirizza un sorriso di ringraziamento. Al termine della funzione corre a salutarci e a farci gli auguri, mentre anche tutti i presenti ci salutano in un abbraccio augurale: se ancora ce ne fosse stato bisogno era questa la conferma che il nostro comportamento ci aveva procurato solo simpatia e consenso.
Tornando agli Ivert ci domandiamo cosa Bastian sarà riuscito a preparare e i più dubitano sulle sue capacita culinarie. Ma lui sta già aspettandoci sulla porta della cucina e, coperchi in mano, batte il passo di avvicinamento sulla tavola imbandita.
I ragazzi a fine pranzo eleggono Bastian «chef» degli lvert mentre lui formula ridicole sentenze all’indirizzo di tutti.
Trascorriamo così un Natale diverso, che lo sforzo di tutti riesce tuttavia a rendere piacevole, seppure la nostra nostalgia non possa essere facilmente dissimulata.
Sergio Coalova, primo a sinistra, agli Ivert nel dicembre 1943.