Nel 1726 il conte Alberto Radicati di Passerano e Cocconato (i Radicati del Vermouth di Torino, l’aperitivo che conquisterà il suo degno posto nelle abitudini dei torinesi) lascia il Piemonte e si stabilisce con la moglie a Londra per sfuggire alla chiesa cattolica che lo vuole mettere a tacere.

Il conte difatti, che non ha ancora trent’anni, si è già fatto una solida reputazione di irriducibile anticlericale: se ne sospetta una conversione al protestantesimo e, soprattutto, si lamenta la sua influenza alla corte di Vittorio Amedeo II di Savoia che gli ha chiesto consigli su come limitare il potere della chiesa.

Il conte, bisogna dire, è radicale ed a volte decisamente temerario; sostiene la necessità di riformare in profondità la vita civile e religiosa, pensa che la chiesa della Controriforma non sia che una “ciurmeria di sacerdoti impostori”, e che la loro predicazione non sia che un tentativo “di conciliare, per mezzo di numerosi riti superstiziosi, una vita malvagia con la speranza della salvezza eterna”.

Tutto questo farà di lui, giudizio dei nostri tempi, il primo illuminista nostrano, una rara figura di nobile ribelle, democratico, anticlericale e protocomunista; ma è un riconoscimento postumo, che peraltro circola in una ristretta cerchia di studiosi. Quel che è certo è che al momento di cui parliamo, a Londra a cavallo del 1730, il conte transfuga ha subito la confisca dei beni in patria e si dedica con tutto il suo impegno a mettere per iscritto i nobili pensieri che lo animano e che lo voteranno definitivamente alla disgrazia.

La rottura con i Savoia, che rappresenta il tramonto senza speranza della possibilità di un ritorno, matura con la pubblicazione di due pamphlet: The History of the Abdication of Victor Amedeus (pubblicato in italiano come Storia dell’abdicazione di Vittorio Amedeo, re di Sardegna etc., della sua detenzione al castello di Rivoli e dei mezzi di cui s’è servito per risalire sul trono), in cui Radicati divulga il conflitto interno alla Casa Reale che aveva portato alla abdicazione del principe, alla successiva ritrattazione della abdicazione e alla sua incarcerazione, e Twelve Discourses concerning Religion and Government (pubblicato in italiano come Dodici discorsi morali, storici e politici), in cui formalizza i consigli che a suo tempo aveva offerto al principe circa la limitazione del potere della chiesa e che per la loro radicalità avevano finito per alienargli le stesse simpatie del principe.

La rottura con la Corona britannica matura invece con l’opuscolo A Philosophical Dissertation upon Death pubblicato nel 1732 (pubblicato in italiano come Dissertazione filosofica sulla morte) che propugna il diritto inalienabile al suicidio e alla eutanasia, e che fa tanto scandalo da costargli addirittura un breve periodo di carcerazione.

Non sentendosi ormai al sicuro nemmeno nel pur tollerante Regno di Gran Bretagna e abbandonato dalla moglie, tra il 1734 e il 1735 Alberto Radicati emigra nei Paesi Bassi, all’Aja, dove condurrà vita stenta e solitaria sotto falso nome. Lì pubblica la Recueil de pièces curieuses sur les matières les plus interessantes, e il 4 ottobre 1737 è colto da una malattia che lo porterà rapidamente alla morte. I suoi ultimi giorni di vita sono segnati dalla presenza al capezzale di due pastori protestanti che lo assillano fino a fargli firmare, con grafia incerta ed agitata, la conversione e la ritrattazione completa di tutto il suo pensiero.

L’azione dei due pastori, che arriva là dove nemmeno l’inquisizione cattolica è arrivata, merita che il loro nome sia ricordato. Eccolo: Jean Royer, pastore all’Aja, e Daniel de Superville, pastore a Rotterdam. Amen.

 

 

(Sopra: Vexat dum fulget, Perseguita mentre risplende, illustrazione della edizione originale dei Discorsi. Il papa, che brandisce mannaia e catene insieme alle sue bolle, e che sembra in procinto di cadere dal suo piedistallo, assiste all’Ignoranza e alla Superstizione che con l’aiuto di Satana sotterrano Verità e Giustizia.)