Nato a Bobbio Pellice l'8 marzo 1924, caduto nei pressi del rifugio Granero il 9 ottobre 1944.

Dove si trova la lapide

Comune:

Bobbio Pellice

Località:

Rifugio Granero

Note: su una roccia in alto a destra arrivando al rifugio

Comune:

Bobbio Pellice

Località:

colle Seilliere

Note: a 15 min. dal rifugio lungo il sentiero che sale al colle, appena arrivati sulla dorsale, su un grosso sasso nel prato alla destra del sentiero

Cenni storici

Paul Garnier cadde in battaglia alle falde del Barsajas, nei pressi del rifugio Granero, mentre accompagnava in Italia una missione alleata dalla vicina valle del Guil già liberata. Era il 9 ottobre del 1944, la lapide riporta una data non esatta dovuta a un errore della Commissione per l'attribuzione della qualifica di partigiano, nel primissimo dopoguerra.

Qualche settimana prima di quell'ottobre del 1944 Marcello De Leva, capo della missione americana Orange-Gobi da poco paracadutata in val Pellice, era riuscito a carpire alle forze naziste di Torino il nuovo codice di criptatura che sarebbe stato adottato da inizio ottobre per le comunicazioni. La lunghezza del codice impediva di trasmetterlo via radio alle basi americane riceventi di Brindisi e Siena. Si trattava dunque di portarlo fisicamente alle forze Alleate da poco arrivate in val Queyras dopo lo sbarco del 15 agosto a Cannes.

Per la missione vennero scelti i partigiani di Bobbio Pellice Gayot - Giovanni Gay - e Paul Garnier. Una volta effettuato con successo il trasporto, venne loro chiesto di condurre da Abriès all'Italia una missione americana composta da 5 uomini fra cui un giornalista. Lo faranno il 9 novembre insieme ad un terzo partigiano, Gianutin Melli ed alla guida contrabbandiere Paul Pipa, i quali si trovavano anch'essi in quel momento in Francia.

Approfittando di una tormenta di neve in corso venne scelto come valico il Colle Seilliere, percorso che comportava il rischioso transito nei paraggi del Rifugio Granero dove si erano stanziate da circa un mese forze naziste di presidio alla frontiera. Quando il gruppo dei 4 italiani e 5 americani stava rapidamente scendendo nel vallone che costeggia il Barsajas un improvviso cambio del tempo rese visibile la colonna ai nazisti i quali sferrarono contro di loro l'attacco per catturarli.

Nella sparatoria morì Paul Garnier, colpito in fronte. I 5 americani non ingaggiarono il combattimento ed immediatamente si arresero, sapendo che per loro sarebbe valsa la Convenzione di Ginevra ovvero arresto e prigionia; verranno difatti pressi prigionieri e portati a Saluzzo, dove verranno liberati nei giorni della Liberazione.

La sorte che spettava ai partigiani era invece quella dell'impiccagione pertanto, nonostante una grave ferita alla gamba di Gayot che lasciava sulla neve una striscia di sangue, i tre superstiti decisero immediatamente di ritirarsi, attraversando passi e colli che solo l'esperienza alpinistica e la perfetta conoscenza del territorio permisero loro di valicare. Giunsero nella zona del Rifugio Barbara dopo aver camminato l'intera notte. Lì mani amiche curarono la ferita di Gayot.

Nella sparatoria erano morti due militari tedeschi. La rappresaglia era dunque nelle loro intenzioni, per cui fecero portare il corpo di Paul Garnier a Bobbio Pellice per avere la conferma del fatto che si trattasse di un partigiano. Cosa di cui dubitavano perché era vestito con una tuta militare americana fornitagli ad Abriès ed i suoi capelli erano biondi, aspetto che lasciava ipotizzare si trattasse di un militare americano.

Vennero fatti sfilare davanti al suo cadavere vari abitanti di Bobbio Pellice i quali, pur riconoscendolo, seppero mascherare il loro dolore. Paul era valdese ma per aggiungere credibilità al mancato riconoscimento la cerimonia del funerale venne officiata contemporaneamente dal pastore valdese e dal sacerdote cattolico. La rappresaglia non ebbe così luogo.